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Potestatibus sublimioribus (…) Contra hoc autem videtur esse quod dicit Gregorius, ‘Ubi
non delinquimus pares sumus’
95
. Quantum ad illationem pene intellige hoc, non autem
quantum ad reverentie exibitionem.
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La quaestio corrisponde alla quarta forma semplice da noi individuata: essa nasce, infatti, da una
contraddizione apparente tra il versetto paolino e l’affermazione dello Pseudo-Gregorio, ossia
tra due delle maggiori auctoritates medievali. L’invito dell’Apostolo ad essere sottomessi alle
autorità costituite è letto come una giustificazione della gerarchia e della prelatura. La disparità
di livelli che la scala gerarchica presuppone sembra tuttavia essere messa in discussione dall’idea
per cui ‘quando non pecchiamo, siamo eguali’. Come interpretare queste parole? Alcuni hanno
inteso un riferimento alla condizione umana ante peccatum, per cui nell’Eden non vi era
gerarchia; altri, una individuazione dell’origine della diseguaglianza gerarchica nel peccato, per
cui le autorità si rendono indispensabili laddove regna il delinquere. Queste letture hanno
condotto a posizioni ideologiche per cui la gerarchia contraddirebbe una uguaglianza originale
tra gli uomini. Guerrico, conformemente alla tradizione domenicana, si preoccupa di
salvaguardare il valore della gerarchia e così si affretta a fornire un’interpretazione consona
dell’espressione attribuita erroneamente a Gregorio Magno: l’auctoritas non si riferisce ad
exibitionem reverentie, ossia alla manifestazione della sottomissione dovuta all’autorità, bensì ad
illationem pene, ovvero alle conseguenze che la pena dovuta al peccato comporta. In altri
termini, dire che ‘quando non pecchiamo siamo uguali’ significa ammettere che la gerarchia è
una conseguenza del male, ma non per questo essa è illegittima. L’esortazione di Paolo è salva e
così anche la verità dell’auctoritas gregoriana
97
.
95
Guerrico, ripetendo l’errore della Postilla domenicana di Ugo di Saint-Cher, attribuisce la citazione a
Gregorio Magno. Il primo ad aver coniato l’espressione, che divenne un vero e proprio slogan nelle riflessioni circa
la legittimità della gerarchia, fu in realtà Pietro il Cantore. Cfr. P
ETRUS CANTOR, Glossae super Genesim. Prologus
et Capitula 1-3, ed. A. Sylwan, Göteborg 1992 (Studia Graeca et Latina Gothoburgensia, 55), p. 40: «Bestiis terrae.
Hoc exponens Gregorius in Moralibus dicit quod non est data homini praelatio, ut dominetur subditis, sed bestiis
terrae, id est bestialibus et piscibus et volucribus, id est in eo quod induunt horum facies per vitia subditi; ubi enim
non delinquimus pares sumus, unde Apostolus: ‘Non dominantes in clero’ etc. Horum ergo constituit Dominus
hominem dominum, tamen in maximiis perdidit dominium ut in leonibus, ut se sciat multum amisisse, et in minimis
ut in muscis, ut suam cognoscat vilitatem, in mediis habet dominium ad solatium, ut se sciat habuisse in omnibus
his».
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Ms. Paris, lat. 15604, f. 23
vb
; trascritto in P. BUC, L’ambiguité du Livre. Prince, pouvoir et peuple dans
les commentaires de la Bible au Moyen Age, Paris 1994 (Théologie historique, 95), p. 102, nota 81.
97
Per ulteriori approfondimenti sul tema, cfr. ibid., pp. 97-109.
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