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versetto ‘la lettera uccide, lo Spirito dà vita’ (2 Cor 3, 6). L’intelligentia spiritualis è, in questo
senso, il superamento definitivo della carnalità della lettera»
185
.
Gioacchino espone la sua teoria esegetica nello scritto titolato Concordia Novi ac
Veteris Testamenti. Il termine concordia «si potrebbe tradurre con ‘armonia’, ‘somiglianza’,
correlazione’ o ‘compensazione’»
186
e indica una concordanza costante tra l’Antico e il Nuovo
Testamento. La tipologia domina incontrastata. Non c’è contraddizione alcuna tra i due
Testamenti; al contrario, quanto narrato nell’Antico è totalmente figura e tipo di quanto descritto
nel Nuovo. Non è originale tale concezione della tipologia, ma lo è il tentativo di estenderla in
maniera onnicomprensiva e di farne il fulcro dell’esegesi biblica.
Stupisce che alla Smalley, attenta conoscitrice sia dei testi di Gioacchino che di quelli di
Guerrico, sia sfuggita una tale relazione. Eppure, al Commento a Isaia del maestro domenicano
ella dedica un intero articolo ed è la prima a trascriverne dei passi cruciali, che sembrano andare
proprio nella direzione da noi indicata. La causa di tale mancanza potrebbe essere individuata nei
preconcetti (peraltro troppo presenti nella pur straordinaria opera della studiosa inglese) che
condizionano le sue valutazioni dell’opera di Gioacchino e di Guerrico. È noto che, per la
Smalley, l’abate da Fiore «aveva peccato di eccesso nell’allegorismo»
187
, rappresentando così
«l’estremo caso di resistenza al moderno, con quell’allegorismo esasperato che avrebbe impedito
di cogliere l’importanza teologica dell’esegesi letterale, inaugurata nella scuola di San Vittore e
culminante nell’esperienza di Tommaso d’Aquino»
188
. Un preconcetto che si tramuta in
profonda antipatia, tanto da condurre sbrigativamente alla definizione del pensiero gioachimita
«come un prematuro attacco di demenza senile subito dall’esegesi medievale quando ancora si
trovava nella fase del pieno sviluppo»
189
. Per Guerrico, invece, come già notato, la Smalley
prova una sincera simpatia, dovuta a una pratica esegetica particolarmente attenta alla lettera e
agli aspetti grammaticali del testo. Si tratta di caratteristiche che abbiamo effettivamente
riscontrato nei testi di Guerrico e su cui ci soffermeremo successivamente, e che costituiscono
una pratica espositiva che certamente cozza con la dottrina esegetica di sapore gioachimita che
appare emergere dai testi analizzati tratti dalla Postilla a Isaia. Queste contraddizioni interne ai
commenti del maestro domenicano emergeranno oltre. Qui basti osservare la posizione della
Smalley che, simpatizzante di Guerrico per elementi certamente peculiari della sua esegesi, non
185
Ibid., p. 421.
186
Ibidem.
187
F. SANTI, La Bibbia in Gioacchino da Fiore, in La Bibbia nel Medioevo cit. (alla nota 27), [pp. 257-
267], p. 257.
188
Ibid., pp. 258-259.
189
POTESTÀ, Premessa a SMALLEY, The Study of the Bible cit. (alla nota 1), tr. it., p. 26.
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